La teoria Adleriana

Sono uno psicoterapeuta del profondo, ovvero lavoro con la metodologia analitica, non mi accontento di “risolvere” i sintomi ma cerco le ragioni più profonde che hanno causato tale disagio. Un attacco di panico, le crisi d’ansia, la depressione, le difficoltà relazionali, sono spesso degli epifenomeni che celano problemi più complessi, in cui ci vuole più tempo per risolverli. Quindi sono partito dalla Scuola Adleriana ma il mio percorso non è mai finito, perché è sempre più evidente che, entro certi limiti, la maggior parte delle problematiche sono originate da Disturbi di Personalità, quindi c’è da fare tesoro della lezione di Kernberg e Kohut, che, anche se apparentemente risultano in contrasto, sono quelli che danno gli strumenti di lettura del Disagio più contemporanei e adeguati. Ritengo, comunque, fondamentale raccontare di Alfred Adler, che per primo ha descritto quegli scenari psicologici dove poi si sono indirizzate le psicologie più attuali.

La teoria

Alfred Adler ( Vienna 1870-Aberdeen 1936) medico psichiatra, ha collaborato con Sigmund Freud fino al 1911, per poi staccarsene e fondare una sua scuola. Adler, fondatore di una delle tre correnti principali, assieme a Freud e a Jung, è considerato uno dei padri della Psicoanalisi.

“Psicologia Individuale Comparata” è la denominazione completa della scuola di pensiero fondata da Adler. Con questo termine, lui vuole indicare che questa scuola di pensiero si occupa dell’individuo inserendolo all’interno della società. Inoltre i processi individuali, consapevoli e non, vengono sempre considerati all’interno di un ottica sociale.

La proposta dalla Psicologia Individuale si basa su una serie di concetti precisi, che hanno come cornice unificatrice il fatto che l’individuo è un unità unica e irripetibile, in cui avvengono movimenti psichici consapevoli e inconsapevoli, che sono orientati verso finalità prevalenti. Le due istanze innate dell’uomo sono la volontà di potenza e il sentimento sociale.

La volontà di potenza è una energia che guida l’essere umano verso obiettivi di crescita personale e di evoluzione. È ciò che ci permette di evolvere, crescere, sopravvivere e affermarci nel mondo.

Il sentimento sociale, invece, è quella necessità presente in ogni persona che ci porta a cooperare e compartecipare emotivamente con gli altri.

Altro concetto di base della psicologia individuale è quello di sentimento di inferiorità. Secondo questa teoria ogni bambino nasce nel mondo sperimentando una condizione di inadeguatezza data da naturali e obiettive condizioni di insufficienza. Durante il processo di crescita e di sviluppo il bambino, piano piano, colma le sue lacune e in condizioni favorevoli il sentimento di inferiorità, che si sperimenta fin dalla nascita, si attenua e si arriva all’età adulta raggiungendo una adeguata consapevolezza dei propri limiti e delle proprie possibilità. Questo sentimento non è però mai del tutto superato e se si struttura in modo patologico si parla di complesso di inferiorità.

All’inizio di questa presentazione è stato detto che tutti i movimenti psichici sono orientati verso finalità prevalenti. Questo perché, secondo Adler, non si possono inquadrare i movimenti psichici degli esseri umani solamente all’interno di una logica deterministica, ma ogni persona è anche dinamicamente orientata verso il divenire. Quindi il rapporto deterministico e causale si inserisce in un’ottica finalistica, da qui il termine finalismo causale. Secondo Adler il fine ultimo di ogni uomo è la meta verso cui vengono orientati tutti i movimenti consapevoli o meno.

Quando le persone cercano di muoversi nel mondo avendo come obiettivo quello di uscire da un sentimento di inferiorità cercano di trovare un modo che le possa aiutare a farlo. Queste modalità vengono chiamate  compensazioni, che possono essere positive o negative, e diventare supercompensazioni quando non si limitano a voler superare l’inferiorità di base ma hanno mete eccessive. Nel fare questo le persone partono da una idea che si sono fatti di sé stessi e del mondo, spesso però queste idee, chiamate finzioni, sono non obiettive ma erronee, tanto che diventano vero e proprio materiale di analisi durante un percorso psicoterapico.

Tutti questi concetti e presupposti teorici vengono unificati da Adler sotto una grande cornice concettuale che è lo Stile di vita. Per stile di vita si intende “l’impronta soggettiva di ogni individuo, costituita dalla risultante di tratti comportamentali, orientamento del pensiero, affetti ed emozioni, articolati al servizio di finalità prevalenti” (Parenti, 1983).

la Pratica Terapeutica

La psicologia individuale è una psicologia del profondo, perché prende in considerazione sia dinamiche psichiche consapevoli che non consapevoli.

Il setting psicoterapico è frontale, al fine di favorire un rapporto paritario e collaborativo tra terapeuta e paziente.

La terapia ha come obiettivo la comprensione dello stile di vita individuale e l’incoraggiamento al cambiamento profondo e consapevole.

Partendo dalla raccolta di informazioni sulla vita passata e presente, ed eventualmente avvalendosi dell’uso di test psicologici si procede alla formazione di una valutazione della situazione e ad una eventuale presa in carico.

Successivamente incomincia il lavoro terapeutico vero e proprio in cui, come una chiocciola, partendo da un punto di origine si allarga la conoscenza e la comprensione in un crescendo che porta una sempre maggiore consapevolezza dei dinamismi psichici e delle situazioni contingenti.

Strumento estremamente utile e significativo durante il lavoro terapeutico è l’interpretazione dei sogni, che Adler definiva “un ponte lanciato verso il futuro”.

 

La bibliografia è infinita, per conoscere Adler:

  • Il senso della vita, Newton, Roma, 1997
  • Cosa la vita dovrebbe significare per voi, Newton Compton, Roma, 1994

 

altri testi significativi per me:

  • Nancy McWilliams: la Diagnosi Psicoanalitica. Astrolabio 2012.
  • Heinz Kohut: “La guarigione del Sé” (1977), e la “La ricerca del Sé” (1978) Bollati Boringhieri,
  • Heinz Kohut, Potere, coraggio e narcisismo, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini, Roma 1986
  • Otto Kernberg:, Sindromi marginali e narcisismo patologico, Bollati Boringhieri, 1978
  • E.Caligor, O.Kernberg e J.Clarkin, Patologie della personalità di alto livello, Cortina , 2012
  • J.Clarkin, F.E.Yeomans e O.Kernberg, Psicoterapia psicodinamica dei disturbi di personalità: un approccio basato sulle relazioni oggettuali, Giovanni Fioriti Editore, 2016